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Carni bianche e rosse, più similitudini che differenze

Siamo ormai abituati a contrapporre carni bianche e carni rosse, dando per scontato che le une siano più o meno sane delle altre, contengano più o meno ferro, siano più o meno grasse. Ma è davvero così? In realtà, come ci spiegano i professori Giuseppe Pulina e Marcello Mele, “la differenza fra carni rosse e bianche è più manichea che reale”.

La generazione che ha vissuto la realtà dell’ultimo dopoguerra, nel secolo scorso, ha assistito al progresso che è avvenuto in Italia, superiore a quello verificatosi in ogni altro periodo storico e che è stato caratterizzato dall’ampliamento del consumo di carne, latte e uova, che in precedenza, soprattutto la carne, erano considerati cibi per “ricchi”, cioè il cui uso era ristretto alle classi sociali più abbienti.

L’apporto di proteine animali, dopo le privazioni alimentari del periodo bellico, fu determinante, soprattutto per i giovani e per condizionare il loro accrescimento somatico, propiziato dall’arginina apportata dalla proteina delle carni, che è in grado di stimolare la secrezione dell’ormone della crescita. Tuttavia, per capire come sia penetrato a tutti i livelli il concetto della pericolosità delle carni, soprattutto rosse, mentre quelle bianche sarebbero più indicate per preservare le conseguenze terrificanti del consumo di tale derrata, occorre rifarci brevemente alla storia.

La dieta in bianco e perciò anche le carni bianche, sono un topos della dietologia medica che ha una precisa qualificazione nel trattato in tre volumi (De vita sana, De vita longa e De vita celitus comparanda) che Marsilio Ficino pubblicò nel 1489. Egli partì dal presupposto che nel corpo umano ci sono quattro umori: sangue, bile nera, bile gialla e flegma, dal cui equilibrio, secondo la teoria ippocratica, deriverebbe un perfetto stato di salute. In particolare la bile nera o “atrabile”, come la definivano i latini, mentre i greci la chiamavano “melanconia”, si formerebbe, quasi come un deposito, dal sangue. Essa è fredda, secca, con una natura simile alla terra che è uno dei quattro elementi del cosmo insieme con l’acqua, l’aria e il fuoco.

Per un buono stato di salute l’eccesso di bile nera deve essere eliminato e va contrastato con una adatta alimentazione. Questa indicazione ci rende ragione dei salassi dell’antichità, così frequentemente adottati dalla medicina del passato, e dei purganti “depurativi” ai cambi di stagione, abitudine diffusa fino a poco tempo fa e prevede soprattutto il “mangiar bianco“, indicazione salutistica somma per chi vuole saggiamente nutrirsi.

Da queste premesse storiche è derivata la dieta in bianco, con la quale legioni di malati di ulcera sono stati curati senza alcun risultato per anni, in attesa della scoperta dell’agente etiologico vero di quella patologia, cioè l’Helicobacter pilori, responsabile del 100% dei casi di ulcera duodenale e del 70% di quella gastrica.

Dai presupposti descritti riguardo la dieta in bianco derivano le affermazioni perentorie sui danni apportati dalle carni rosse cui si oppongono quelle bianche, quando le differenze chimico-nutrizionali non appaiono così evidenti, come documenta la tabella qui sotto, che riporta i valori medi della letteratura.

Tabella 1. Caratteristiche chimico-nutrizionali dei principali tipi di carne

 

Dall’analisi dei dati riportati, appare con chiarezza che l’apporto proteico e lipidico e il contenuto calorico (con l’eccezione del tacchino) sono molto simile fra le carni, scostando fra loro del 10-15%.  Sul quadro lipidico si può aggiungere che la somma di PUFA e MUFA supera sempre il valore degli SFA.

In conclusione, la differenza fra carni rosse e bianche è più manichea che reale, in quanto la variabilità entro specie, dovuta a razza, alimentazione, sesso, età, ecc, è maggiore di quella interspecie, per cui si può correre il rischio di etichettare rossa una carne di vitello giovane o di agnello da latte, e bianca una di pollastro ruspante di età matura.

Questa differenza è, pertanto, più fittizia che reale e tutte le carni hanno più cose in comune di quante le separino: scegliere una o l’altra carne è una questione di gusti e di varietà della cucina italiana che ci propone TUTTE le carni in grandiose ricette. Le nostre carni non hanno bisogno di grandi correzioni del gusto perché sono buone “di loro” e la nostra cucina ne sa valorizzare il bouquet, piuttosto che sovrastarlo con intingoli e salse: qualcosa vorrà dire.


Giuseppe Pulina (Università di Sassari e Presidente di Carni Sostenibili) e
Marcello Mele (Università di Pisa)

 

Presidente Emerito dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Fra i migliori esperti globali in scienze animali, è incluso nel 2% di scienziati maggiormente citati al mondo.