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Osservazioni minime sui diritti degli animali

Pietro Paolo Onida, Professore di Diritto Romano presso l’Università di Sassari, commenta il saggio recentemente pubblicato dal professor Pulina, “Antropocentrismo, armonia naturale, sensibilità e diritti degli animali: possiamo usare gli animali per i nostri scopi?”

Il saggio di Giuseppe Pulina su “Antropocentrismo, armonia naturale, sensibilità e diritti degli animali: possiamo usare gli animali per i nostri scopi?” è una analisi assai originale rispetto ai numerosissimi contributi in tema di condizione etico-giuridica degli animali. Sbaglierebbe, però, chi tra i giuristi pensasse che tale originalità sia da attribuire al fatto che il suo autore è studioso di discipline non giuridiche.

Vi è certo molto più diritto nelle pagine di questo contributo che in molti altri lavori sulla condizione animale provenienti da cultori della scienza giuridica. Colpisce invero il fatto che il saggio riveli particolare attenzione per principi, concetti e categorie proprie della scienza giuridica. L’ipotesi di lavoro, inoltre, è presentata in modo assai chiaro, a differenza di molti studi giuridici con riferimento ai quali si fa talvolta fatica a comprendere persino quali siano i problemi affrontati.

In considerazione delle mie competenze mi soffermerò sugli aspetti propriamente giuridici. La precisazione non è superflua perché il saggio offre più prospettive e piani di lettura.

Un primo problema affrontato nel saggio è quello particolarmente importante per il giurista della “pulizia semantica”, che investe l’aspetto della elaborazione dogmatica e delle connesse categorie giuridiche utili a identificare la questione considerata. Come spesso si ripete fra i giuristi, la dogmatica costituisce, in un certo senso, la prima elaborazione scientifica di una questione.

Oggetto di questa “pulizia semantica”, per l’autore, è anzitutto il termine antropocentrismo, inteso a indicare la “prevalenza dell’uomo sugli altri sistemi naturali” e dunque sull’ambiente naturale e sugli ‘altri’ animali. Per Pulina, che richiama la capacità dell’uomo di costruire una struttura linguistica complessa rispetto a quelle degli altri animali, non vi è possibilità di superare la prospettiva antropocentrica a costo di scadere in un relativismo estremo.

La #sofferenza inflitta agli #animali è da evitare in quanto contraria ai #valori umani. #BenessereAnimale Condividi il Tweet

In connessione a questa stessa impostazione, l’autore rifiuta che si possano attribuire giudizi di valore alla natura in quanto essa è priva di un codice morale. La sofferenza inflitta agli animali è, quindi, da evitare in quanto contraria ai valori umani. In questo senso, inoltre, devono rifiutarsi i termini armonia ed equilibrio: il primo perché corrisponde a una valutazione soggettiva; il secondo perché non esiste un equilibrio dell’ecosistema.

Un secondo problema, sempre di grande rilevanza per il giurista, concerne la individuazione dei caratteri che giustificano o escludono la partecipazione al mondo del diritto. Per Pulina parlare dell’animale come essere senziente è causa di confusione. Occorre, invece, evitare di indulgere a forme di un “pan-animalismo”, che astrattamente potrebbe condurre ad affermare una tutela persino di parassiti o di altri animali vettori di malattie.

Lo studioso sostiene la legittimità della uccisione a scopo alimentare di animali, i quali non possedendo uno status morale non sono da considerarsi titolari di diritti soggettivi. È però degno della massima attenzione il fatto che Pulina non giunga a considerare in termini puramente oggettivistici l’animale. Il rifiuto della titolarità di diritti soggettivi da parte degli animali non è in contraddizione con il riconoscimento della necessità di una tutela degli animali, che si esprime non solo con la riduzione il più ampia possibile delle sofferenze dell’animale, ma anche con la esigenza di garantire il loro benessere in quanto sotto la cura dell’uomo.

 Alla base di questa riflessione vi è il riconoscimento implicito di superare la dicotomia soggetto-oggetto di diritto nelle tassonomie giuridiche relative agli animali e nella concreta disciplina che da esse deriva. Lo si deduce anzitutto dalla riflessione dell’autore sulla questione se sia lecito allevare e sacrificare animali per le esigenze dell’uomo.

È necessario tutelare gli #animali non solo con la riduzione il più ampia possibile di loro eventuali #sofferenze, ma anche garantendo il loro #benessere in quanto sotto la cura dell’uomo. Condividi il Tweet

È con riferimento a tale questione fondamentale che lo studioso propone di superare la contrapposizione rigida tra le due tesi di coloro che propendono per ammettere la legittimità sul piano etico degli allevamenti a scopo alimentare e coloro che invece la escludono. A queste due contrapposte tesi Pulina aggiunge una possibile terza risposta per alludere alle tesi di un dibattito ancora aperto.

Solo dopo avere preso in considerazione, sia pure sinteticamente, questa possibile terza risposta lo studioso giunge a propendere per la tesi positiva. Il superamento della dicotomia soggetto-oggetto di diritto si deduce ancora dalla tesi dell’autore sulla connessa questione se gli animali siano o no titolari di diritti. L’autore ammette il fatto che gli animali possano avere coscienza, mentre è molto più raro il fatto che gli animali abbiano la autocoscienza, di cui il linguaggio è parte fondamentale.

Sul piano strettamente giuridico è oggetto di dispute accese la osservazione, richiamata dall’autore, secondo cui gli animali non possano accedere al diritto in quanto incapaci di giungere a una elaborazione simbolica quale quella richiesta per le norme della convivenza. Il fatto che gli animali non facciano parte della comunità umana non è per la scienza giuridica condizione essenziale per la loro partecipazione al diritto, come mostrano i numerosi riferimenti a tale partecipazione che dalla grande riflessione giurisprudenziale romana – pensiamo anzitutto al celebre brano con il quale il giureconsulto del III sec. d.C., Ulpiano, definisce il ius naturale come ius quod natura omnia animalia docuit, definizione talmente importante che l’Imperatore Giustiniano riprende e pone in apertura dei suoi Digesta, la grande compilazione della giurisprudenza romana che è ancora alla base della scienza giuridica – giungono fino ai nostri giorni con i diversi riconoscimenti anche sul piano costituzionale della ‘personalità’ degli animali. Sullo stesso piano si colloca per il giurista il fatto che gli animali non siano perlopiù oggi considerati responsabili per le loro azioni. L’assenza di responsabilità non comporta necessariamente esclusione dal diritto (in senso oggettivo e soggettivo).

#Diritti e #doveri spettano all’uomo. Ciò depone a favore della liceità degli #allevamenti di #animali per gli scopi umani. Condividi il Tweet

Pulina si sottrae, però, alla accusa di una visione puramente oggettivistica dell’animale. Egli afferma con forza la responsabilità dell’uomo nei loro confronti. Il fatto che diritti e doveri spettino all’uomo depone a favore della liceità degli allevamenti di animali per gli scopi umani. Per il giurista che non fa dipendere, neppure nelle odierne strutture costituzionali democratiche, l’esistenza del diritto (in senso oggettivo) dallo Stato, l’eventuale riconoscimento di diritti (in senso soggettivo) degli animali trova il suo fondamento nell’intero sistema giuridico più che nell’ordinamento giuridico. È merito dell’autore avere ricordato che l’art. 9 della Costituzione, nella sua recente riformulazione, prevede, oltre alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, che lo Stato sia tenuto ad assicurare forme di tutela degli animali.

Nel capitolo 6, intitolato significativamente “È lecito allevare e sacrificare animali per i nostri scopi? Sì, ma”, l’autore fornisce una chiave di lettura utile soprattutto al giurista per comprendere l’intero saggio. Se la equiparazione dell’animale a persone in uno stato, che per i giuristi almeno, è di deficit cognitivo, quale quello del bambino o di coloro che soffrono di una disabilità cognitiva, non permette di formulare un ragionamento sistematico, è d’altro canto necessario chiedersi quali animali siano da proteggere e in quale misura.

L’uomo è #responsabile delle azioni che compie nei confronti degli #animali: la sua azione non è quella di un #dominatore. Condividi il Tweet

Il problema della equiparazione dell’animale al bambino e quindi della possibilità di riconoscere all’animale “colpevolezza” e/o “responsabilità” è conosciuto sin dall’antichità nella filosofia greca e nel diritto romano. Se oggi le ragioni dell’animalismo sembrano deporre a favore di una tutela generale di tutti gli animali, è chiaro che il giurista deve predisporre criteri, principi, concetti che possano indirizzare verso forme concrete di tutela che implichino bilanciamenti coi diritti degli uomini.

Vi è in questo approccio la espressione di una esigenza che dovrebbe essere sempre alla base di ogni riflessione giuridica: quella di considerare i problemi non attraverso astratte speculazioni prive di riscontro nella realtà, ma per realizzare concretamente e autenticamente la dimensione umana del diritto.

Il valore giuridico che emerge dal lavoro di Pulina è quello della coesistenza tra l’esigenza primaria di preservare il valore della vita dell’uomo, prima di tutto quello della sua alimentazione, e l’esigenza di tutelare l’esistenza dignitosa dell’animale. Come conciliare questi due valori Pulina lo dice chiaramente: l’uomo è responsabile delle azioni che compie nei confronti degli animali. La sua azione non è, dunque, quella di un dominatore.

 

di Pietro Paolo Onida, Professore di Diritto Romano presso l’Università di Sassari. Prevalente interesse scientifico per la cosiddetta “questione animale”, alla quale ha dedicato diverse monografie e numerosi articoli.

Il Progetto “Carni Sostenibili” vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici, con l’intento di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente.