Antropocentrismo e diritti degli animali
“Antropocentrismo, armonia naturale, sensibilità e diritti degli animali: possiamo usare gli animali per i nostri scopi?”. Un saggio del Prof. Giuseppe Pulina affronta i nodi cruciali dell’animalismo contemporaneo.
È consentito allevare e sacrificare gli animali per i nostri scopi? Gli animali hanno diritti? Tutte le specie animali sono senzienti? Sono alcune delle questioni fondamentali che emergono sempre più nel dibattito pubblico sotto la spinta di pulsioni fortemente animaliste, ma anche come logica conseguenza di una sensibilità collettiva sempre più crescente verso il rispetto per tutti gli esseri viventi. Sensibilità anche capace di trasformarsi in istanza politica, come dimostra la recente modifica della Costituzione Italiana, il cui Articolo 9 nella nuova riformulazione prevede, oltre alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, che lo Stato sia tenuto ad assicurare forme di tutela degli animali.
La questione è complessa e un dibattito fortemente polarizzato può sfociare in forme di lotta estreme, come dimostrano alcune iniziative – per fortuna sporadiche – portate avanti da frange dell’animalismo. Serve invece un confronto, soprattutto a livello scientifico, perché la confusione sui principi può generare spinte emotive e conseguenti scelte normative sbagliate.
Va in questa direzione il recente contributo scientifico del professor Giuseppe Pulina, docente del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, nonché presidente di Carni Sostenibili, pubblicato sul n.13 della rivista scientifica “Animals” su “Antropocentrismo, armonia naturale, sensibilità e diritti degli animali: possiamo usare gli animali per i nostri scopi?” (qui il paper originale, in inglese)
Il backgrond dello studioso, ordinario di Zootecnica Speciale, ma anche docente di Filosofia ed etica della ricerca, è chiaramente orientato ad affermare la liceità dell’allevamento degli animali per gli scopi umani, a partire dalla soddisfazione del bisogno primario dell’alimentazione. Eppure Pulina, applicando il metodo scientifico, nel suo saggio vuole smarcarsi dalla dicotomia “a favore – contro”, pur arrivando a esprimere un punto di vista opposto rispetto a chi definisce gli animali (senzienti) titolari di diritti oggettivi.
È lecito #allevare #animali per i nostri scopi, se rispondono a #DirittiUmani prioritari come #cibo e #salute, ma è anche obbligatorio rispettare il nostro diritto alla cura e alla protezione degli stessi. Condividi il TweetQuesto è il punto di partenza del saggio, ossia la questione degli animali come esseri senzienti, qualità intrinseca entrata anche nelle disposizioni normative di molti Paesi, ma che se non ben definita in termini scientifici può portare a malintesi e a conseguenze sbagliate. Per l’autore, derivare il riconoscimento dei diritti universali degli animali dal loro essere senzienti è un salto logico non permesso perché il riconoscimento di una vita animale libera dalla paura, dalla restrizione e dalla sofferenza non è un diritto animale, ma umano.
Il prof. Pulina non teme di andare controcorrente rispetto a un pensiero mainstream molto veicolato a livello mediatico. Per questo, in via preliminare introduce una premessa epistemologica proponendo una “pulizia semantica”. L’obiettivo è liberare il campo del discorso da termini ambigui come l’armonia, riferendosi alla natura, e la sensibilità riferendosi agli animali, per affermare che può esistere un solo punto di vista, quello antropocentrico.
Lo studio prosegue presentando la tesi secondo la quale non è possibile attribuire diritti agli animali, ma che la protezione del loro benessere è un diritto umano, e che corrisponde al dovere degli stati di emanare leggi in difesa degli animali.
In conclusione, per l’autore è lecito allevare animali per i nostri scopi, se rispondono ai diritti umani prioritari (cibo e salute), ma è anche obbligatorio rispettare il nostro diritto alla cura e alla protezione degli stessi.