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A caccia di virus, con la genomica

La genomica è per molti una grande novità. Non lo è però per gli allevamenti, che da oltre dieci anni la impiegano per la selezione genetica.

Difficile spiegare in poche parole cos’è la genomica. Bisognerebbe tirare in ballo concetti di genoma, biologia molecolare, sequenziamento del DNA, big data, e altre cose non meno complicate. Si fa prima a raccontare cosa si fa con la genomica, per molti una grande novità, ma non per gli allevamenti, che da oltre dieci anni la impiegano per la selezione genetica.

Prima del suo avvento ci si affidava al caso. Prendiamo l’esempio dei bovini. Si sceglieva un toro i cui figli nel tempo avevano dimostrato buone performance e lo si utilizzava con vacche a loro volta dalle grandi promesse produttive. Poi si incrociavano le dita, sperando nella buona sorte. Perché geni e cromosomi non sempre fanno quello che ci si aspetta.

Con la genomica tutto cambia. Si cercano i geni responsabili di un determinato carattere, ad esempio la produzione di latte o di carne e si scelgono i tori nel cui patrimonio genetico il carattere cercato è sicuramente presente e trasmissibile. Così si sono cercati i geni che conferiscono più efficienza alimentare, maggiore longevità produttiva e ora anche resistenza alle malattie.

La #genomica potrebbe aiutarci a prevenire e sconfiggere #patologie che l’uomo rischia di condividere con gli #animali (in particolare quelli selvatici) e la #pandemia da #SARSCoV2 è una di queste. Condividi il Tweet

Ora però la genomica promette di fare ancora di più, aiutandoci a prevenire e sconfiggere patologie che l’uomo rischia di condividere con gli animali (in particolare quelli selvatici) e la pandemia da Sars-Cov-2 è una di queste. Poiché altre se ne potrebbero affacciare, meglio giocare d’anticipo, come suggerisce l’approccio “One Health”, che ispira la moderna medicina in un percorso di salute globale.  Vanno in questa direzione le ricerche portate avanti dall’Università di Bologna, sotto la guida del Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari.

È qui che hanno preso corpo tre progetti dove la genomica viene utilizzata per andare a caccia di virus da tenere sotto controllo. Si è così scoperto come sia possibile, esaminando una sorta di “archivio” genomico, aggiornare i precedenti rilievi epidemiologici, ridisegnando sia il periodo di identificazione di alcuni virus, sia la loro presenza in diverse aree geografiche.

Come ricorda lo stesso coordinatore dei progetti, Luca Fontanesi, l’insieme di questi studi consente di capire non solo come circolano e si diffondono i virus, ma anche verificare la presenza di nuovi ceppi che meritano attenzione per valutarne la possibile evoluzione.

La #genomica viene utilizzata per andare a caccia di #virus da tenere sotto controllo. #COVID19 Condividi il Tweet

Da queste ricerche c’è infine la possibilità di individuare negli animali varianti genetiche capaci di offrire resistenza al Sars-Cov-2. Si tratta del progetto AnGen1H (acronimo di Animal genomics for a “One Health”), che sembra collocarsi nella scia di altre ricerche in questa direzione, delle quali Carni Sostenibili ha già avuto modo di occuparsi. In quel caso si poneva l’accento sulla possibilità di individuare forme di immunità in cani e in bovini.

I progetti dell’Università di Bologna, riassunti in uno studio pubblicato su “Scientific Reports”, mettono al centro i suini, per osservarne la resistenza all’attacco del Sars-Cov-2. Obiettivo della ricerca, quello di verificare il ruolo delle caratteristiche genetiche nel conferire questa sorta di immunità. Grazie alla genomica, sotto la lente dei ricercatori sono finiti quattro geni riscontrati in 25 popolazioni suine (23 europee e due asiatiche), dove sono stati evidenziati 2229 varianti, alcune delle quali (29) in grado di interagire con i meccanismi di “attacco” del virus. A beneficio degli “addetti lavori”, ecco il nome dei quattro geni: ACE2, ANPEP, DPP4 (recettori delle proteine virali spike) e TMPRSS2 (legato alle proteinasi)

Importanti le ripercussioni pratiche di queste evidenze. Anzitutto si dispiegano nuove opportunità per la selezione di animali resistenti al Sars-Cov-2. Ma l’aver trovato in poche razze autoctone europee (allevate in Francia e Portogallo) le varianti desiderate, pone l’accento sull’importanza della conservazione delle razze, anche le meno produttive. La disponibilità di un ampio patrimonio genetico è infatti una “miniera” di geni dalla quale attingere per avere animali resistenti, riducendo così il rischio di zoonosi, come si definisce il passaggio di malattie dagli animali all’uomo. Ma può non essere sufficiente, perché i principali pericoli sono altrove.

La disponibilità di un ampio #PatrimonioGenetico in #allevamento è una “miniera” di geni dalla quale attingere per avere #animali resistenti, riducendo così il rischio di #zoonosi. #SARSCoV2 #COVID19 Condividi il Tweet

Secondo la scienza non esiste legame tra allevamenti intensivi, o per meglio dire professionali, e COVID-19. La stessa pandemia che sta tenendo sotto scacco il mondo deriva dal pipistrello, forse con un passaggio nel pangolino. Percorso analogo quello fatto dalla Sars e da Ebola. l’Hiv proviene dalla scimmia, come la chikungunya. La Mers arriva da cammelli e dromedari. La stessa influenza aviaria è trasmessa principalmente dagli uccelli selvatici e persino la peste suina africana, che non colpisce l’uomo, ma devasta gli allevamenti, ha nei cinghiali selvatici il suo serbatoio di diffusione.

È giustificato preoccuparsi della salute negli allevamenti professionali, ma paradossalmente più per ragioni economiche che sanitarie. Perché non è da lì che arrivano le maggiori minacce alla nostra salute. È invece da mettere in discussione il rapporto dell’uomo con la Natura, troppe volte compromesso e non solo in campo animale. Ben vengano allora le politiche sanitarie che si collocano nel solco della filosofia One-Health, dove salute dell’uomo e degli animali si muovono all’unisono. Purché non ci si fermi agli allevamenti, che non rappresentano la principale fonte del problema, ma al contrario possono rappresentarne una soluzione.

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.