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Qualità dell’aria, il peso dell’agricoltura in Italia

L’agricoltura in Italia causa meno dell’8% delle emissioni di polveri sottili (ma meno del 5% di quelle PM2,5), mentre trasporti, riscaldamenti e attività industriali sono responsabili del restante 92%.

Il report annuale ISPRAItalian Emission Inventory 1990 – 2021. Informative Inventory Report 2023” ci informa puntualmente sullo stato delle emissioni in atmosfera divise per fonte e categoria e compara quest’ultime con una serie storica che risale al 1990. Nel complesso, il quadro che emerge è confortante: nel periodo considerato la nazione ha compiuto uno sforzo importante per ridurre le emissioni in tutti i settori (eccetto quello del riscaldamento domestico), con punte di eccellenza per i trasporti su strada e alcuni settori industriali.

Anche l’agricoltura ha fatto la sua parte contribuendo in modo significativo allo sforzo del Paese per una migliore qualità dell’aria. Non va sottaciuto, a questo proposito, che l’agricoltura è la selvicoltura contribuiscono primariamente alla produzione di ossigeno e alla cattura e stoccaggio della CO2 dall’atmosfera (fattori primari di qualità dell’aria) e forniscono servizi ecosistemici di abbattimento delle polveri sottili e della rimozione degli inquinanti emessi dagli altri settori.

Vediamo nel dettaglio alcuni numeri emersi dal report ISPRA

Poiché parliamo di qualità dell’aria, occupiamoci primariamente di particolato. L’Ispra (2023) certifica che l’agricoltura è responsabile dell’11,6% del PM10 e del 3,6% del PM2,5, ma il complessivo ammontare del particolato (PM 10 + 2,5) emesso da fonti agricole è sceso dalle 40.600 tonnellate nel 1990 alle 28.700 tonnellate del 2021 (-28,5%). Purtroppo, il riscaldamento domestico, la principale fonte di particolato, è aumentato da 135 mila tonnellate alle 195 mila tonnellate nel 2021 (+44%), a causa soprattutto della diffusione del riscaldamento a pellet di legna.

Per quanto riguarda i trasporti stradali, il particolato 10 e 2,5 ammonta nel 2021 a 34.000 tonnellate e questo settore ha fatto il proprio dovere (anche in osservanza delle norme EU sugli scarichi dei motori endotermici), in quanto nel 1990 si avevano 114,2 mila tonnellate di emissioni.  Purtroppo, i trasporti sono responsabili di altri inquinanti dannosi alla salute, come gli ossidi di azoto, dei quali emettono il 42%, mentre l’industria dei solventi riversa in atmosfera il 37% delle sostanze volatili non metano (NMVOC). L’agricoltura, dal canto suo, è responsabile dello 8,6% dei primi e del 14% dei secondi.

Il vero peso del settore agricolo a livello di emissioni

L’unico settore di emissioni in cui l’agricoltura è prevalente sono quelle di ammoniaca in cui nel 2021 conta il 95% del totale (per effetto quasi paritario dei concimi chimici e delle deiezioni animali). Tuttavia, le emissioni globali di questo volatile sono calate del 24% dal 1990 con una riduzione costante e lineare di circa 4.000 t/anno nel periodo considerato (1990-2021). Infine, le emissioni di altri inquinanti (metalli pesanti, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, polveri di carbone, ecc..) del settore agricolo sono irrilevanti.

Nel complesso, l’agricoltura che è diffusa su tutto il territorio nazionale (perciò un’area vasta) è responsabile di meno del 8% delle emissioni di polveri sottili (ma meno del 5% di quelle più pericolose, il PM2,5), mentre il trasporto, il riscaldamento e le attività industriali sono responsabili del restante 92%. Inoltre, su tutte le altre emissioni pericolose per la salute umana, animale e degli ecosistemi, l’agricoltura assume un ruolo marginale. L’unica categoria in cui questa gioca un ruolo rilevante sono le emissioni di ammoniaca, il cui pericolo è collegato alla trasformazione di questo composto in polveri sottili la cui incidenza per il settore primario è limitato relativamente al quadro nazionale.

Presidente Emerito dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Fra i migliori esperti globali in scienze animali, è incluso nel 2% di scienziati maggiormente citati al mondo.