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SELMA: difendere la carne bovina europea

Oltre metà di tutta la carne bovina che si produce in Europa è concentrata in sei Paesi, gli stessi che hanno deciso di unire le forze per rappresentare con un unica voce le istanze del settore.

Perché troppo sovente le scelte di politica agricola a livello comunitario e poi nazionale sono improntate a una visione distorta della realtà? È il frutto delle ricorrenti fandonie che si rincorrono sulle carni, ora sulle minacce alla salute, ora su un insostenibile impatto ambientale. Ristabilire la verità, promuovere la sostenibilità degli allevamenti, offrirsi come interlocutore affidabile al legislatore, sono così i principali obiettivi di SELMA (Sustainable European Livestock & Meat Association), l’associazione per l’allevamento e la produzione di carni sostenibili, che ha preso vita da Italia, Belgio, Francia, Grecia, Polonia e Spagna.

È fra le principali organizzazioni interprofessionali di settore di questi Paesi che è scattata la scintilla che ha portato alla costituzione di SELMA, evento da molti definito storico per la sua forte e inedita rappresentatività internazionale nel settore delle carni bovine. Queste le associazioni fondanti: OI-INTERCARNEITALIA (Italia), FEBEV (Belgio), INTERBEV (Francia), EDOK (Grecia), PZBM (Polonia), PROVACUNO (Spagna), INTEROVIC (Spagna). Tratto comune di ognuna di esse è l’impegno sul fronte della qualità, del benessere animale e della sostenibilità delle produzioni animali. Importante poi la trasversalità degli interessi rappresentati, dalla produzione alla trasformazione delle carni.

Per la #FilieraBovina, recenti ricerche hanno dimostrato che l’impronta #carbonio del settore è persino negativa, in altre parole è più la #CO2 sequestrata rispetto a quella emessa. Condividi il Tweet

Fra gli obiettivi di SELMA quello di difendere e sostenere il modello produttivo europeo che nel caso dei ruminanti, dunque bovini e ovini, si distingue per il basso impatto ambientale. Impatto assai inferiore a quello che stime della FAO, a livello globale, indicano pari a circa il 14% delle emissioni di gas climalteranti da parte della zootecnia (non è11%, adesso, in base all’ultimo rapporto presentato a settembre a Roma?). In particolare, per la filiera bovina, recenti ricerche hanno dimostrato che l’impronta carbonio del settore è persino negativa, in altre parole è più la CO2 sequestrata rispetto a quella emessa. Anidride carbonica, va sempre evidenziato, che proviene da un ciclo biogenico che nulla aggiunge in atmosfera rispetto a quanto già presente, al contrario della CO2 prodotta dall’impiego dei combustibili fossili.

Fra le prerogative del modello zootecnico europeo va ricordata l’ampia diffusione di allevamenti protetti (erroneamente definiti “allevamenti intensivi”). Qui si realizza una zootecnia che assicura le migliori condizioni di benessere animale, oltre a ridurre gli sprechi ottimizzando l’impiego delle risorse.

Ma questo modello zootecnico rischia di essere messo in discussione da scelte di politica agricola comunitaria che sembra ignorare i punti di forza degli allevamenti europei. Non si spiegano altrimenti le proposte nei negoziati discussi a Bruxelles in merito alla direttiva sulle emissioni industriali che si vorrebbe applicare anche agli allevamenti di bovini. Analoghe considerazioni si possono fare sul tema del benessere animale, del quale si sta parlando in sede comunitaria.

Non saranno questi gli unici fronti sui quali SELMA ha dichiarato di volersi confrontare con il legislatore europeo. Tutte le associazioni che aderiscono al nuovo sodalizio chiedono con insistenza che gli accordi di libero scambio con i Paesi terzi soddisfino gli elevati standard delle produzioni interne. Istanze che ora potranno contare sulla “forza” di un’associazione che rappresenta la maggior parte della filiera bovina nell’Unione Europea, importanza destinata ad aumentare con l’ingresso di altri protagonisti del settore, che già hanno “bussato” alle porte di SELMA.

Negli #AllevamentiIntensivi, ossia #AllevamentiProtetti, sono assicurate le migliori condizioni di #BenessereAnimale e ridotti gli #sprechi, ottimizzando l’impiego delle #risorse. Condividi il Tweet

Oltre che sul piano istituzionale, la presenza di un’associazione largamente rappresentativa del settore molto potrebbe fare anche sul fronte della comunicazione. Troppe volte si assiste alla demonizzazione di carne e latte senza che nessuno, o quasi, contraddica affermazioni prive di fondamento scientifico. Accade sul fronte dell’ambiente come sul piano della salute, quando carne o latte vengono additati come alimenti “pericolosi”. Notizie che a volte celano interessi di parte o sono frutto di condizionamenti ideologici, con conseguenze dannose per l’intera collettività. Contrastarle e ripristinare la verità è doveroso.

Giornalista professionista, laureato in medicina veterinaria, già direttore responsabile di riviste dedicate alla zootecnia e redattore capo di periodici del settore agricolo, ha ricoperto incarichi di coordinamento in imprese editoriali. Autore di libri sull'allevamento degli animali, è impegnato nella divulgazione di temi tecnici, politici ed economici di interesse per il settore zootecnico.