Cibo spazzatura o alimentazione spazzatura?
Tra i giovani e i giovanissimi, ma non solo, è molto diffuso il consumo di cibi ipercalorici. Questi vanno dalle merendine alle bevande gassate zuccherate, dai pasti veloci ai tanti snack salati, di cui molti ignorano le elevate quantità di grasso.
A questo tipo di alimentazione viene associata una vita sedentaria, che non si limita al periodo di tempo in cui si è impegnati nelle attività lavorative e di studio, ma anche ai momenti di libertà. Il divano di casa posto davanti al televisore o le attività ludiche esercitate con i videogiochi, infatti, oltre che molto gettonate sono spesso accompagnate da un voluttuoso consumo di caramelle, cioccolatini, noccioline, e magari un “salutare” bicchiere di bevanda analcolica o moderatamente alcolica.
Sembra essere fuori discussione che questi stili di vita siano i responsabili della preoccupante comparsa dell’obesità e del soprappeso in molti giovani. È facile prevedere che questi giovani una volta divenuti adulti non cambieranno facilmente il loro “stile” di vita. Con ogni probabilità tenderanno anche ad accentuare i comportamenti scorretti, magari introducendo anche il fumo e l’alcool. L’aumento di peso è un fattore di rischio da non sottovalutare, in quanto indica il possibile insorgere di malattie come il diabete, l’ipertensione, l’infarto, i problemi cardiocircolatori e certi tipi di cancro.
Molte sono le voci che si scagliano contro alcuni alimenti chiamandoli “spazzatura”. Probabilmente si parla spesso senza conoscere le tecnologie che sono alla base di questo tipo di alimenti. Anche se sembra paradossale, si tratta di prodotti molto sicuri e, forse purtroppo, anche molto gradevoli. Le aziende che li producono sono ovviamente interessate a venderne le maggiori quantità possibili e i consumatori non sanno resistere alle “lusinghe” delle tante golosità. Esistono delle situazioni “limite”, come alcune “barrette” che sono un concentrato di calorie e possono contenerne un centinaio per ogni dieci grammi. In qualche caso vengono addirittura chiamate con nomi che evocano una certa “leggerezza”.
L’Unione Europea con il Regolamento 1165 del 2012 ha lanciato un chiaro segnale sulla necessità di informare ed educare i cittadini ad un consumo consapevole degli alimenti, suggerendo loro di andare a leggere le etichette dove sono riportate le calorie per ogni 100 grammi. Questo però viene spesso ignorato dai consumatori. Cosa che porta le Autorità a intervenire con soluzioni più o meno bizzarre, che vanno dai “semafori” proposti dagli inglesi, alla tassazione delle bevande zuccherate proposte dai francesi.
In Italia ci ancoriamo alla “dieta mediterranea”, senza renderci conto che alla base di questa dieta, assolutamente ipercalorica, c’era una imponente attività fisica. Se oggi ogni giorno mangiassimo mezzo chilo di pane, due etti di pasta ben condita, un pezzo di formaggio, un chilo di frutta matura, innaffiando il tutto con del buon vino rosso, probabilmente avremmo delle percentuali di persone obese molto superiori a quelle esistenti. Andrebbe anche sottolineato che i nostri nonni o bisnonni praticanti della dieta mediterranea, spesso non mangiavano carne per il semplice motivo che non ne avevano.
Salvo rare eccezioni non esistono quindi “cibi spazzatura”, ma soltanto “comportamenti alimentari spazzatura”, o quanto meno disdicevoli. Le informazioni su come comportarsi, come più volte dimostrato scientificamente, ci sono. Basta soltanto andarle a cercare.
La realtà è che tutti noi cerchiamo delle argomentazioni che giustifichino i nostri comportamenti scorretti, anche nei confronti dei nostri figli. Eppure la soluzione c’è ed è molto semplice. Basta mangiare e bere moderatamente i tanti alimenti di origine vegetale e animale a nostra disposizione nei limiti delle 1800 – 2000 kcal al giorno e fare un adeguato movimento fisico.
Per il calcolo delle calorie si possono leggere le etichette che accompagnano gli alimenti trasformati. Per gli altri (frutta, verdura, carne, pane, pesce), le informazioni sono facilmente disponibili e reperibili da tanti siti istituzionali come quello dell’ex INRAN sopra indicato.
Agostino Macrì
Fonte: La Stampa