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La zootecnia? Non impatta sul clima, è in credito di carbonio

Il sistema agro-silvo-zootecnico italiano assorbe ogni anno più di 29 milioni di tonnellate di CO2 a fronte di una emissione di 22 milioni di tonnellate. In altre parole, il sistema zootecnico italiano è in credito di circa 7 milioni di tonnellate di CO2.

Il tema dell’impatto ambientale delle filiere zootecniche è solitamente concencentrato sulle emissioni di gas a effetto serra e l’opinione pubblica è bombardata da inviti a non consumare prodotti animali, carni soprattutto, per salvare il mondo dalla catastrofe climatica.

Gli allarmi si susseguono con una tale frequenza da far sospettare che dietro questa campagna di disinformazione vi sia una regia vegano-ambientalista per spostare una rilevante quota di consumi verso prodotti industriali a base vegetale. La realtà, per fortuna, in Italia è diversa da come è dipinta.

L’ISPRA stima per l’Italia nel 2017 un’emissione da parte del sistema zootecnico pari a circa 22 milioni di tonnellate di CO2, che rappresentano il 5% dei 428 milioni di tonnellate riversate nell’atmosfera dal nostro Paese.  Questi dati, tuttavia, non tengono conto dell’enorme potenzialità di sequestro del carbonio delle colture foraggere, dei pascoli in particolare, e dei sistemi silvopastorali che in Italia sono particolarmente diffusi.

Si stima infatti che circa il 50% degli oltre 10 milioni di ha di superfici boscate italiane sia sottoposta a pascolamento operato principalmente da bovini della linea vacca-vitello. Il sequestro di CO2 avviene a opera degli alberi, che lo accumulano nel legno, e del suolo che lo conserva sotto forma di sostanza organica.

Se perciò si opera una stima globale di quanto carbonio è emesso dalle filiere zootecniche e di quanto ne è sequestrato dai sistemi territoriali che ospitano una parte rilevante di questo settore, si può calcolare un bilancio complessivo. Con i limiti dell’approssimazione dovuta ai grandi numeri in gioco, ho fatto un bilancio nazionale e regionale delle emissioni tenendo conto, in modo conservativo, dei valori riportati in letteratura per il nostro Paese o per situazioni assimilabili.

Mi scuso con i lettori per il profluvio di numeri, ma per dimostrare che i detrattori della produzione e del consumo di carne hanno torto, ho bisogno di mostrare i conti in dettaglio.  In Italia i 3,77 milioni di ha di pascoli assorbono 4,12 milioni di ton di CO2 anno; i 494 mila ha di foraggere ne assorbono 600 mila ton; il 50% delle superfici silvane, pascolate ne assorbe 23,75 milioni di ton. Complessivamente il sistema agro-silvo-zootecnico italiano assorbe annualmente oltre 29 milioni di tonnellate di CO2 a fronte di una emissione di 22 milioni di tonnellate. Per cui il nostro sistema zootecnico è in credito di circa 7 milioni di tonnellate di CO2.

Se si considera poi tutta l’agricoltura italiana, ISPRA stima un impatto complessivo poco superiore ai 30 milioni di tonnellate anno di CO2 a fronte di un sequestro da parte dei sistemi agro-forestali nazionali di 52-55 milioni di tonnellate. Il che significa che per produrre il cibo nel nostro Paese lasciamo libere da 23 a 25 milioni di ton di CO2, circa il 5-6% delle emissioni totali del Paese, per altri scopi: ad esempio se si considera un’emissione per trasporti su gommato di 5 km per kg di CO2, questa riserva consente di percorrere 120 miliardi di km (annulla cioè l’emissione di 6 milioni di veicoli con percorrenza di 20 mila km all’anno).

A quanto pare, agricoltura e zootecnia non sono i settori che creano disequilibrio, ma aiutano gli altri settori produttivi a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

 

Presidente Emerito dell'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili. Fra i migliori esperti globali in scienze animali, è incluso nel 2% di scienziati maggiormente citati al mondo.